Omicidio Lecce, l’assurda richiesta di Antonio De Marco dal carcere

di admin

Omicidio Lecce, l’assurda richiesta di Antonio De Marco dal carcere

| lunedì 05 Ottobre 2020 - 16:44

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Omicidio Lecce, l’assurda richiesta di Antonio De Marco dal carcere

Abiti e un libro di preghiere. Secondo quanto riportato dal Quotidiano di Puglia Antonio De Marco, il 21enne che ha confessato l’omicidio di Daniele De Santis ed Eleonora Manta, nella prima conversazione con i genitori avrebbe chiesto questo. Lo studente di Scienze infermieristiche, in carcere a Lecce dopo il fermo e la convalida, potrà ricevere la visita dei parenti.

Nei giorni successivi alla mattanza nell’appartamento dove vivevano i due fidanzati dalle intercettazioni telefoniche sarebbe emerso che il giovane aveva parlato poco con la famiglia alla quale avrebbe comunicato che sarebbe stato fuori fuori città per qualche giorno. Un’informazione che ha portato gli inquirenti a ritenere che il presunto killer potesse allontanarsi. (Continua…)

In attesa del prosieguo delle indagine i legali di Antonio De Marco sarebbero pronto a chiedere una perizia psichiatrica per stabilire se il 21enne sia in grado di intendere e di volere e se lo fosse nel momento in cui ha massacrato due persone in via Montello.

Per il giudice per le indagini preliminari, che ha confermato il fermo, De Marco ha “scatenato la sua irrefrenabile violenza verso vittime occasionali” individuate “senza alcun effettivo collegamento ad un qualsiasi attrito insorto nel corso della loro breve convivenza”. Nell’interrogatorio l’indagato ha ricostruito dinanzi al gip i minuti in cui si è consumato il delitto. “Quando sono entrato in casa i due erano seduti in cucina – racconta – Ho incontrato Daniele nel corridoio il quale si è spaventato perché avevo il passamontagna. (Continua…)

Dopo aver avuto una colluttazione con lui li ho uccisi. Lui ha cercato di aprire la porta per scappare. Ho ucciso prima lei e poi ho colpito nuovamente Daniele. Dopo aver lottato con loro sono andato via senza scappare perché non avevo fiato…” . Il gip ha definito il delitto “di spietata efferatezza, malvagia e inumana crudeltà“.

Nel provvedimento si legge come l’assassino avesse messo a punto un “raggelante corredo di condotte crudeli e atroci”, tra cui la preventiva tortura delle vittime che sarebbe dovuta durare dai 10 ai 15 minuti e il messaggio da scrivere sul muro evidentemente con il loro sangue”. “Un soggetto totalmente inaffidabile – conclude il giudice – per il quale la misura degli arresti domiciliari, anche in applicazione del braccialetto elettronico, appare platealmente inadeguata a fronteggiare le esigenze cautelari”.

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