Caso Orlandi, cosa sappiamo dello zio di Emanuela: accusato di molestie sulla sorella

di Redazione

Caso Orlandi, cosa sappiamo dello zio di Emanuela: accusato di molestie sulla sorella

| giovedì 20 Luglio 2023 - 18:35

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Caso Orlandi, cosa sappiamo dello zio di Emanuela: accusato di molestie sulla sorella

Luci e ombre sulla figura dello zio di Emanuela Orlandi, la giovanissima adolescente scomparsa da Città del Vaticano 40 anni fa. Un fulmine che spacca il cielo in due, un presunto attacco e un, addirittura, ipotetico capovolgimento delle parti.

Ora il dito sembra che si stia puntando sulla famiglia della Orlandi. Chi è Mario Meneguzzi, lo zio di Emanuela Orlandi? Perché la sua figura sembra essere tanto importante? Perché proprio lui per mediare con i presunti rapitori?

Chi è?

Tante domande, tante le illazioni, dato che prove concrete non ce ne sono. Ma chi è davvero zio Mario? Il fratello Pietro, in vista della conferenza stampa indetta rispondere al fango buttato sulla famiglia ha detto: “Vogliono scaricare tutto sulla famiglia”. Eppure quali sarebbero i collegamenti tra il passato di Zio Mario e il caso Emanuela Orlandi? Cosa c’entrano le molestie dello zio fatte su una parente e la scomparsa di Emanuela.

Chi è Mario Meneguzzi, cognato del padre di Emanuela, Ercole? Ce ne sono tracce negli atti della prima inchiesta, sono fondate le accuse di abusi nei confronti della prima Natalina delle sorelle Orlandi da parte dello zio (la cui moglie Lucia era la sorella del legato pontificio)? Perché queste voci, “silenziose” per 40 anni, vengono ora riproposte dalla Santa Sede grazie a una lettera recuperata dal Vaticano in cui l’allora Segretario di Stato Casaroli chiedeva al confessore di Natalina di confermare gli abusi? Si tratta di una “vendetta” dopo l’accusa di Pietro Orlandi contro Giovanni Paolo II di tre mesi fa?

La vita dello zio

La prima risposta può venire solo conoscendo meglio il personaggio. Mario Meneguzzi, padre di tre figli, Pietro, Giorgio e Monica, è morto da molti anni e allora direttore della mensa di Montecitorio: dal giugno 1983 al 22 settembre, divenne famoso per l’incarico affidatogli dai genitori di Emanuela. Gestisce i suoi rapporti con il mondo esterno, con i giornali, e soprattutto con i rapitori di quindicenni. Anche lui è stato inizialmente oggetto del “focus” degli inquirenti e seguito più volte, da Roma alla sua casa al mare a Santa Marinella, nell’ambito di una “pista familiare”, ma poi è stato abbandonato.

Nei venti colloqui registrati dai carabinieri con i rapitori, è stato quasi sempre Meneguzzi, ad eccezione dell’avvocato Gennaro Egidio, a parlare con il cosiddetto “Mario”, seguito da “Pierluigi”. secondo operatore telefonico apparso sulla scena. 28 giugno 1983 (la sua voce è molto simile a quella di Marco Accetti) e il cosiddetto “Amerikano”. Mario Meneguzzi ha iniziato le sue conversazioni con i suoi interlocutori fingendosi il padre di Ercole, e milioni di fan del caso “Ragazze in Banda” ora risuonano nelle loro orecchie per il problema “La sua figlioletta”, e lo hanno risolto in modo strangolato. Voce (“Almeno dimmi come sta! Sta bene?”).

Il ruolo di portavoce

Uno dei quesiti su Meneguzzi è: Perché lui come portavoce? Forse perché per il suo passato era ricattabile? Ercole Orlandi chiarì subito di non essere nella condizione emotiva di “reggere” al peso della comunicazione esterna, ma un mese dopo (intervista al Corriere del 26 luglio 1983) fu lo stesso Meneguzzi a chiarire il suo ruolo e anche qualcosa di più: «Sono stato io a nominare l’avvocato Gennaro Egidio, perché lo ritengo più adatto in questo genere di cose», dichiarò. Egidio, legale che aveva già trattati affari legati ad ambienti ecclesiastici, era considerato molto vicino ai servizi segreti italiani, tanto che a proporlo, secondo quel che si era saputo finora, era stato uno degli agenti del Sisde presenti in casa Orlandi all’indomani della scomparsa. Ma a quale “genere di cose” alludeva Meneguzzi? Lo zio aveva forse contezza già nella primissima fase della partecipazione degli apparati di sicurezza all’operazione compiuta sulla pelle di sua nipote? Di certo papà Ercole, molti anni dopo, in prossimità della morte, dichiarò testualmente in una delle poche interviste concesse (Corriere, 13 maggio 2001) che a rapire sua figlia «erano stati i servizi segreti» Emanuela Orlandi.

La figura di Gangi

Va tenuto conto di un altro fattore sempre legato alla “barba finta”: Giulio Gangi, giovane agente del Sisid morto l’anno scorso, si è presentato due giorni dopo a casa della Orlandi, sostenendo che a causa della sua relazione con L’azione era stata sollecitata dal amicizia di Monica Meneguzzi, che la figlia del giovane Mario ha conosciuto la scorsa estate in un paesino in provincia di Rieti e di cui si è innamorata. Questa conoscenza riguarda anche il padre?

ci sono più. Secondo recenti rivelazioni pervenute all’autrice di questo articolo, nella notte in cui Emanuela non è tornata a casa, la stessa rapitrice ha chiesto di affidare allo zio il suo rapporto con i media e le autorità con uno scopo ben preciso: far sì che la famiglia si prendesse carico dell’accaduto seriamente, che il sequestro è stato “a scopo di estorsione”. In altre parole, seguire subito chi dovrebbe essere l’oratore sarebbe il primo passo di un braccio di ferro con la famiglia che va avanti da più di due anni. E, a questo proposito, un’altra indiscrezione da fonte investigativa che non è stata ancora resa nota: la prima telefonata della famiglia di Orlandi non è stata effettivamente ricevuta il 25 giugno (con “Pierluigi”) Sì, ma la sera del 22, non ai genitori di Emanuela, ma a casa di Meneguzzi.

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