Zio Michele, che fine ha fatto? La criminologa rivela sconcertanti novità sul delitto di Avetrana

di admin

Zio Michele, che fine ha fatto? La criminologa rivela sconcertanti novità sul delitto di Avetrana

| domenica 01 Settembre 2019 - 13:34

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Zio Michele, che fine ha fatto? La criminologa rivela sconcertanti novità sul delitto di Avetrana

Nome: Michele. Cognome: Misseri. Professione: Zio. Preso di mira dalla satira, dal mondo social e dalla gente comune, tutti almeno una volta abbiamo macabramente borbottato “Ho stato io con Lu trattore!”. Sono passati nove anni dalla morte di Sarah, ma lo zio nazionale, con la sua casa dei Mis(t)eri, non smette ancora di far parlare di sé.

Partendo sempre dal presupposto che per giudicare una storia dagli “sfondi noir” esistono i magistrati e le sentenze, non può comunque tacersi che, quando una disgrazia va oltre la cronaca, spunta l’Assise, quello spregiudicato organo giudicante formato da tutti noi. Adesso chiudete gli occhi e provate a immaginare una stella a cinque punte. Raffiguratevi ad ogni vertice i protagonisti del delitto di Avetrana. Collocate ancora mentalmente la stella in un universo che si espande da uno dei suoi vertici, quello corrispondente al Russo, originando così un “cosmo ivanocentrico”.

Solo così vi renderete conto come verità e bugie siano ruotate intorno alle lancette dell’orologio che ha scandito il tempo della tragedia. Cominciamo da loro, dalle cugine Sabrina e Sara. La prima, diciamocelo, non proprio uscita dal Victoria’s Secret Fashion Show. Chili in eccesso, incredibilmente fragile, insicura e rifiutata da Ivano, quel “Dio Ivano” tanto osannato da infiammare le notti della ragazza di Avetrana. Proprio lui, che più volte l’aveva respinta (come se il Russo fosse il Brad Pitt di questi giorni sul red carpet di Venezia). Proprio quell’ Ivano che, per tutti e tre i gradi di giudizio, è stato riconosciuto come l’ago della bilancia in questo dramma senza fine. Al vertice opposto si trova invece Sarah. Bionda e nel fiore degli anni. Graziosa e leggiadra, tanto magra da diventare un’ossessione per la cugina. Sarah si era trasferita ad Avetrana soltanto da qualche tempo, dopo che i rapporti tra sua madre, Concetta Serrano, ed il padre, si erano irrimediabilmente incrinati. La ragazzina trascorreva le sue giornate estive a casa Misseri, regno di quella sorella maggiore che non aveva mai avuto.

Poi c’è lui, lo zio Miché. Quello zio che per salvare la famiglia, in un valzer di confessioni e ritrattazioni, ha maldestramente tentato di addossarsi ogni colpa della morte di Sarah. Lo stesso Michele succube delle due matrone al punto da ridursi a dormire su una sdraio e a mangiare con le mani. Come se fosse uno scappato di casa. Come se fosse davvero l’ultima ruota del trattore. Ma a chiudere il cerchio familiare c’è Cosima Serrano, la matriarca che Stephanie Forrester scansati, la donna dalla spintarella facile e che, con i suoi 120 kg, niente perdona. Arriviamo così dritti ad Ivano, il bello di Avetrana, capace di far girare la testa alle donzelle del Paese (probabilmente il mercato locale niente di meglio aveva da offrire). Fascinoso quanto dannato era agli occhi della cozza Sabrina che, pur di elemosinare qualsiasi tipo di attenzione, era arrivata ad inviare al prestante militare ben 4500 messaggi giornalieri.

Sullo sfondo di questo spettacolo horror “made in sud”, a rimescolare le carte in tavola ora ci pensa la Corte di Strasburgo, che ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato dai legali di Cosima Serrano e Sabrina Misseri. Dunque sempre la stessa storia. Nel nostro Paese spesso gli avvocati depongono la toga per indossare la divisa dei capi ultras e per insinuare nel quivis de populo (e non solo) idee complottiste di americana memoria. Sono ancora ignote le motivazioni che hanno indotto la Corte di Strasburgo ad accogliere il ricorso delle donne di casa Misseri, ma, a mio avviso, la questione non aprirà alcun tipo di spiraglio per la revisione del processo. Anche i recenti accertamenti compiuti sui telefoni cellulari – che collocherebbero il cellulare di Sarah in garage –  non rappresenterebbero di per sé elementi sufficienti per la riapertura del caso.

Gli ermellini, condannando definitivamente le due donne all’ergastolo, sono stati piuttosto chiari nel definire le relative posizioni. La personalità di Sabrina è emersa in tutti e tre gradi di giudizio: fredda e spregiudicata calcolatrice, spietata a tal punto da indirizzare le indagini verso piste fasulle e fuorvianti. Innumerevoli interviste rilasciate a televisioni nazionali e locali, finti appelli e lacrime di coccodrillo, alibi perfettamente costruiti nei concitati momenti successivi all’omicidio, hanno cristallizzato la verità processuale nella profonda invidia che Sabrina nutriva nei confronti della bella Sarah. Quella cuginetta che rubava le attenzioni del “suo” Ivano, rea di aver raccontato in giro l’ultima “notte interrotta”. Già, perché qualche sera prima dell’omicidio, Ivano aveva respinto per l’ennesima volta Sabrina, nonostante questa si fosse strappata di dosso i vestiti nella speranza di consumare un rapporto sessuale. Insomma, la reputazione della Misseri si era andata a far benedire ed in Paese non si parlava proprio d’altro. La stessa Sabrina, la sera prima del tragico epilogo, si era lasciata sfuggire confidenze alle amiche sul rancore e la rabbia che le attanagliavano l’anima. Infondo, Sarah l’aveva esposta al pettegolezzo di borgata. L’umiliazione di essere respinta nuda mischiata alle dicerie paesane ha irrimediabilmente fatto “salire il crimine” alla Misseri. Tornando all’incipit, anche zio Miché oggi si trova dietro i cancelli del gabbio di Taranto con l’accusa di soppressione di cadavere. In attesa che la Corte di Strasburgo ci dica qualcosa in più, vi invito ad una riflessione. Avete mai sentito un assassino ammettere le sue colpe? Da Salvatore Parolisi ad Antonio Logli, passando per Cosima e Sabrina Misseri. Quando qualcuno confessa un delitto efferato, preoccupatevi. Sicuramente non è il responsabile. Erba e Avetrana docet. Da la criminologa Anna Valli.

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