Coronavirus, ricercatori italiani isolano il ceppo: cosa significa

di admin

Coronavirus, ricercatori italiani isolano il ceppo: cosa significa

| venerdì 28 Febbraio 2020 - 19:22

Condividi su:

Facebook Twitter
Coronavirus, ricercatori italiani isolano il ceppo: cosa significa

Il coronavirus che ha infettato i pazienti italiani nella «zona rossa» lombarda (attorno alla cittadina di Codogno, dove si è sviluppata l’epidemia) è stato isolato dai ricercatori dell’Ospedale Sacco di Milano. Che lo hanno studiato in laboratorio, ne hanno valutato le capacità «distruttive» sulle cellule umane e lo hanno fotografato. La novità? È un virus «autoctono», cioè «locale», ed è differente da quello che, qualche settimana fa, è stato isolato dai due pazienti cinesi ricoverati all’Ospedale Spallanzani di Roma.

Allora l’annuncio dell’isolamento riguardava un virus proveniente dalla Cina, da Wuhan, la città dove è nata l’epidemia: un virus già intercettato dai ricercatori cinesi proprio sui pazienti colpiti dall’epidemia nel luogo epicentro del contagio. E, comunque, era il virus «cinese». Adesso abbiamo la sua versione «italiana». «Lo abbiamo intercettato e studiato — conferma Massimo Galli, professore di Malattie Infettive all’Università di Milano e Direttore delle Malattie Infettive all’Ospedale Luigi Sacco di Milano —. Questo virus è capace di distruggere certe cellule in laboratorio. Adesso stiamo analizzando il suo patrimonio genetico (si tratta di un virus a Rna, ndr) e lo dobbiamo sequenziare (appunto per studiare il suo patrimonio genetico, ndr)». (Continua…)

Il valore di questo nuovo isolamento sta nel fatto che può essere utile per «tracciare» i contagi. Cioè, per ricostruire la storia «epidemiologica» di chi si è infettato venendo a contatto con questo microrganismo. E magari dare anche informazioni a chi deciderà come gestire le aree che a tutt’oggi sono in quarantena. E fino a qui parliamo di scelte di sanità pubblica. Ma c’è anche una valenza scientifica, per quanto riguarda la ricerca, ancora tutta da valutare. «Il primo passo — conferma Galli, a capo del Dipartimento del Sacco che ha isolato il virus — è quello di meglio definire che cosa è successo nelle aree lombarde “contaminate” dal coronavirus.

Di capire se e come è esistito un paziente “zero”, cioè quello che ha dato il via al contagio (anche se questa ricerca, secondo molti non è più utile, perché questo paziente “zero” potrebbe essere già guarito ed essere sfuggito ai controlli, ndr)». Ma poi c’è molto di più: e ha a che fare con la ricerca. Conferma Claudia Balotta, ricercatrice al Sacco, che ha contribuito a questa scoperta: «Dobbiamo adesso studiare farmaci e vaccini contro questo nuovo coronavirus. E lo studio di queste nuove varianti può essere particolarmente utile allo scopo». Aggiunge Galli: (Continua…)

«C’è un piccolo mistero da risolvere: perché i bambini al momento sembrano essere immuni?. Queste nuove scoperte possono aiutare a trovare una risposta». Anche questa volta dobbiamo registrare che è stata una squadra prevalentemente formata da donne a raggiungere l’obiettivo nel laboratorio universitario di Milano diretto da Galli. Oltre alla professoressa Balotta, infatti, lavorano lì alcune ricercatrici precarie. Ecco i loro nomi: Alessia LaiAnnalisa Bergna e Arianna Gabrieli. Ed è arrivato un contributo anche da parte di qualche rappresentante in «quota azzurra»: il polacco Maciej Tarkowski, anche lui precario, e il professore associato Gianguglielmo Zehender, esperto di Igiene. È curioso che tutte le scoperte scientifiche di cui l’Italia può ora andare fiera non soltanto siano state portate avanti da donne, ma che queste ultime siano anche scienziate «precarie».

Va segnalato, poi, che altri laboratori in Lombardia stanno lavorando attivamente nella ricerca del coronavirus, come quello del San Matteo di Pavia, diretto da Fausto Baldanti, che ha isolato «almeno una ventina di campioni dai pazienti lombardi». E intanto si muovono anche i finanziamenti. La Comunità europea ha appena stanziato 200 milioni di euro per la ricerca di farmaci e vaccini contro il coronavirus ed è interessata ad avere gli «isolati» dei virus. E anche i privati si stanno mobilitando. Il messaggio è questo: se l’Italia sta producendo ricerca, che cosa si sta aspettando per sostenerla? E come promuoverla a livello internazionale?

HOW TO DO FOR
©How To Do For - Tutti i diritti riservati